2° giorno a Fès: tra artigianato, storia e bontà gastronomiche
Il nostro secondo giorno a Fès comincia con un dolce risveglio ad opera di un raggio di sole entrato nella nostra stanza attraverso le vetrate colorate del Riad. Ad aspettarci, un’abbondante e deliziosa colazione a base di uova strapazzate, miele, dolci, nonché un gustoso harcha, pane di semola di solito piuttosto asciutto ma stavolta soffice e fresco proprio come piace a noi.
Decidiamo di cominciare la giornata visitando il Museo Nejjarine, dedicato al legno e all’artigianato. Attraversiamo la Medina, stavolta più che frequentata (contrariamente al giorno precedente quando l’avevamo trovata deserta). I banconi di spezie, olive, datteri e frutta danno uno più voglia dell’altro, i negozietti si susseguono: dal sarto al fruttivendolo passando dalle piccole bigiotterie. Ogni tanto sentiamo gridare “hamdek!” (attenzione!) alle nostre spalle e automaticamente tutti si fanno da parte per lasciar passare un venditore ambulante con il suo carretto di legno o ancora un asino carico (come un mulo!) di bombole di gas.
Raggiungiamo finalmente il Museo, non senza aver chiesto qualche indicazione, strada facendo, e ci troviamo davanti ad un palazzo incantevole. Antico magazzino che serviva da deposito merci, fu costruito nel 1711 e, circa venti anni fa è stato ristrutturato, ma grazie ad alcune foto in bianco e nero, è ancora possibile vedere in che condizioni fosse e comprendere la maestosa opera di rinnovamento intrapresa. Lo troviamo in ottime condizioni, e già soltanto per l’architettura è una vera opera d’arte che merita di essere visitata.
Su tre piani, osserviamo diverse collezioni di oggetti che raccontano la storia, la cultura e l’artigianato marocchino nella vita quotidiana, con diversi utensili utilizzati ad esempio in cucina. Non mancano all’appello neanche dei magnifici strumenti musicali tradizionali, delle tavolette usate per imparare il Corano o ancora dei magnifici cofanetti decorati minuziosamente che accompagnavano le giovani spose nella loro nuova famiglia. Come ogni casa che si rispetti, il Museo dispone di una terrazza con tanto di bar dove si può sorseggiare un caffè o un thé alla menta crogiolandosi al sole o semplicemente ammirare il panorama sulla medina (Patrimonio Unesco) e cercare di orientarsi in questo dedalo di vicoli e vicoletti. Da qui distinguiamo chiaramente il tetto a forma di cupola del Mausoleo di Moulay Idriss, a pochi passi di distanza.
Usciti dal museo, ci dirigiamo verso questo Mausoleo, in cui riposano i resti di Moulay Idriss, emiro del Maghreb el Aqsa nel IX secolo (il nome del Marocco all’epoca) nonché fondatore della città di Fès. L’ingresso nel luogo di culto è riservato ai fedeli musulmani. Dentro, oltre alla tomba del Moulay Idriss, un soffitto in legno scolpito, e vetrate e decorazioni dalle forme geometriche. La sala è anche un luogo di preghiera, in particolare il venerdì, mentre gli altri giorni c’è chi si raccoglie in preghiera mentre altri scattano foto. Affianco a questa sala c’è un incantevole patio piastrellato circondato da un portico e con una fontana centrale. La cosa positiva, per i non musulmani, è che anche senza entrare nel Mausoleo questo spazio è visibile da chiunque, basta aggirare l’edificio entrando nel vicoletto a sinistra (avendo l’ingresso di fronte) giungendo ad una splendida porta blu da cui si può ammirare il patio e la fontana.
La medina ci affascina, attirandoci con le sue porte, una più bella dell’altra finché, quando è ormai ora di pranzo, atterriamo in un posto unico. Il ristorante The Ruined Garden (con annesso Riad) ha un nome che non poteva essere scelto meglio: pranziamo in un lussureggiante giardino semi abbandonato, circondato da mura in rovina, che conferiscono al luogo ancora più charme. Ordiniamo un’ottima tajine di pesce e un dessert ai datteri da leccarsi i baffi, approfittando della tranquillità di quest’oasi verde e del caldo sole primaverile marocchino (anche se, a metà febbraio, in teoria siamo ancora in pieno inverno). Come spesso accade qui in Marocco, un felino si fa avanti non appena il nostro piatto arriva a tavola e, pazientemente attende, miagolando, sperando di poter assaggiare questa deliziosa tajine.
Quando guardiamo l’ora ci rendiamo conto che il tempo è volato e il pomeriggio è ben che iniziato. Dopo questa lunga ma altrettanto gradevole pausa, ci rimettiamo in marcia, attraversando la città vecchia, in direzione delle porte d’oro del Palazzo Reale, che avevamo provato a raggiungere il giorno precedente, e che stavolta riusciamo a trovare. Arriviamo davanti alle 7 porte maestose e scintillanti che dominano una piazza completamente deserta, cacciamo la macchina fotografica e quando stiamo per scattare…. ecco arrivare una simpatica coppia con prole e passeggino che si piazza davanti e comincia una serie infinita di selfie, noncurante della sempre più folta folla di turisti che arriva, impaziente di poter scattare una foto. Cerchiamo di non spazientirci e approfittiamo dell’attesa per ammirare e fotografare da vicino i dettagli di queste enormi porte luccicanti dai motivi geometrici.
Continuiamo il nostro giro dirigendoci verso il cimitero ebraico. Davanti al cancello, paghiamo l’ingresso al custode (si, l’ingresso al cimitero non è gratuito). Anche se fa parte delle principali “attrazioni turistiche” della città, il luogo resta fortunatamente calmo e tranquillo, come di solito avviene per luoghi di questo tipo. Davanti a noi, file di tombe quasi tutte identiche e rigorosamente bianche. Solo alcune si differenziano dalle altre per la grandezza insolita nonché per la presenza di una sorta di canna fumaria per far uscire il fumo delle candele.
Il barlume del sole che tramonta all’orizzonte, il panorama sulle colline circostanti e l’ombra degli ulivi sulle tombe bianche, creano un’atmosfera rilassante che non si è soliti trovare in un cimitero. Ci sediamo su una panchina all’ombra dei limoni per ammirare il panorama e ci perdiamo nei nostri pensieri durante il tramonto mentre delle cicogne si allontanano all’orizzonte.
Prima di andare a prendere i bagagli e raggiungere la stazione ci fermiamo in un posto in cui avevamo visto dei magnifici piatti in ceramica. Avevamo cercato invano questo tipo di piatti a Meknès per poi scoprire che solo a Fès se ne trovano (mentre Meknès resta la capitale incontestata della ferro damaschinato con il filo d’argento). Restiamo un po’ di tempo ad osservare, comparare e scegliere quelli che ci piacciono di più, colorati con il tradizionale “blu di Fès” e non vediamo l’ora di poterli “provare” riempiendoli di deliziose leccornie, una volta a casa. Con un vistoso pacco imbottito tra le mani, riprendiamo le valigie al Riad e raggiungiamo la stazione dove ci aspetta il treno per far ritorno a casa… in attesa della prossima avventura!
Dove dormire a Fès?
Siamo stati al Riad Dar Mansoura più di una volta durante la nostra esperienza in Marocco e ci siamo sempre trovati bene.
Tutte le foto di Fès:
un simple j'aime.
Rispondi